PARROCCHIA GESU' BAMBINO A SACCO PASTORE

2 - Da marzo 2021 a Pentecoste

Tempo di Pasqua.... e di KIT

Dopo il periodo di zona rossa in cui non si sapeva bene come poter lasciare alla gente un segno tangibile di augurio e pace per la Pasqua, siamo finalmente di nuovo arancioni. Negozi di nuovo aperti. No, le benedizioni nelle case non si potranno fare, ma ai negozianti, un piccolo segno, sì: oltretutto sono loro tra i più penalizzati in questo periodo. Così il Don si è inventato il  “KIT-BENEDIZIONI-FAI-DA-TE” contenente un rametto di palma  e una bottiglietta con acqua benedetta e un piccolo opuscolo con preghiere e notizie della parrocchia. Starà al capofamiglia leggere una preghiera in presenza dei suoi cari e benedire la tavola, magari mettendo al centro del pranzo pasquale il rametto di palma! Saranno i componenti dell’equipe pastorale a distribuire i kit nei negozi, muovendosi a due a due per il quartiere!

Già da settimane in Sacrestia c’è un discreto movimento.

Circa 1800 bottigliette, ben chiuse nelle loro confezioni, sono in attesa di essere riempite con acqua. Ottavio organizza ogni cosa con attenzione, sorveglia tutti noi volontari mentre riempiamo, asciughiamo e chiudiamo le bottigliette. Ha organizzato una postazione a questo dedicata e tiene il conto…

A cosa servono le bottigliette? Sono parte integrante del “Kit-Benedizioni-fai-da-te”!

Il Kit è stato pensato dal nostro Don, contiene una palma, la bottiglietta con l’acqua, la preghiera per benedire la propria casa o il posto di lavoro… ogni Kit sarà benedetto la domenica delle Palme e da quel momento potrà essere distribuito.

Ma chi ha composto il Kit? Per questo specifico compito il Don ha coinvolto diversi volontari.

Arrivo in parrocchia al mattino con una certa calma rispetto all’orario previsto, Ottavio mi vede e subito mi richiama “A quest’ora arrivi? Sbrigati che hanno già iniziato!”, non so bene dove andare, mi lascio guidare dalle voci, dalle risate, il tipico chiacchiericcio di chi è impegnato, felicemente impegnato. Salgo su per le scale e mi ritrovo in un ambiente rumoroso e organizzato.

Diversi tavoli da lavoro con scatole piene di ramoscelli di palme e di tutto l’occorrente per comporre il Kit. Percorro tutte le stanze e trovo una postazione vuota (aspettava proprio me!), comincio subito a lavorare e a chiacchierare con le altre persone che sono nella stanza.

Mi mancava tutto questo! Le risate, il semplice “fare”, certo abbiamo tutti la mascherina e i tavoli sono a distanza, ma è bello essere insieme, conoscere persone nuove e incontrarne altre che non vedevi da tempo…

Ottavio e Fernando perfetti Controllori dell’efficienza di noi volontari si affacciano in ogni stanza, verificano e danno suggerimenti. Il capo è sempre il Don che continua a tenere il tempo, a dare indicazioni su come procedere, corre su e giù tra la casa canonica, la sacrestia e tutti gli ambienti in cui siamo noi a lavorare. E poi non da ultimo c’è chi si aggira tra le stanze con in mano un libro della Divina Commedia e si offre di leggerne un canto. Oggi è il Dantedì e dobbiamo essere pronti a festeggiarlo!

… Anche questo è la nostra bella parrocchia!  

Annamaria

VENERDI SANTO

Camminiamo lungo Via Valsolda, inviati a due a due, il fiume e la pista ciclabile da una parte; negozi, saracinesche chiuse, meccanici e condomini dall’altra.

Piergiorgio è preciso “Il nostro parroco desidera che riceviate queste palme, l’acqua benedetta e la preghiera per la benedizione del negozio, come segno di vicinanza ai commercianti che stanno vivendo un periodo di grande difficoltà. Il parroco insieme ai sacerdoti della parrocchia, assicura le preghiere per lei e la sua famiglia”. Niente offerte. Sicuro? Niente offerte! Come va?

Consegno il nostro “Kit-benedizioni-fai-da-te” e ricevo un bel biglietto da visita. L’attività è stata aperta in piena pandemia; parliamo con una giovane coppia di gestori, il locale è gradevole, curato, con possibilità di consumare all’interno e asporto. “Complimenti e auguri!”

Siamo della Parrocchia del Bambin Gesù….Quella…?! ….Si, quella in fondo alla via, ci manda Don Gianfranco, il parroco….Grazie, lasci pure li.

Quanti giovani, che ci guardano con occhi interrogativi. Non capiscono perché vogliamo lasciare un sacchetto (con che cosa poi?). “Sono gli auguri di Pasqua. Quest’anno per la pandemia il parroco ci ha chiesto….”

Una ragazza sta bevendo qualcosa sulla panchina fuori dal locale e parla con un amico. E’ molto giovane, ha dei lunghi capelli biondi sciolti, mi ricorda la regina degli Elfi Galadriel nel Signore degli Anelli. Glielo dico. Sorride lusingata. Grazie

Due signori anziani, aiutandosi a vicenda escono dal portone del loro condominio: “Avete piacere di ricevere la palma e l’acqua benedetta per la vostra casa?”. Si, Grazie. Domenica non siamo andati c’era troppa gente. Posso prenderne uno anche per mia zia? Certo

Tra l’imbarazzo e l’incredulità io e Piergiorgio viviamo dei momenti commuoventi, di incontri veri, anzi in Verità. Siamo inviati, a due a due, le mani vuote, il sorriso sulle labbra, leggeri.

Portiamo gli auguri della nostra Parrocchia.

Ah, Piergiorgio, c’è la pattuglia dei Carabinieri, che dici glieli diamo anche a loro?

Alberta

Gabriella d'Anna è tornata alla Casa del Padre

 

“Ti accarezzavo il braccio prima che entrassi nel reparto Covid, unica cosa concessa ed ultimo ricordo che ho di te. 

In quel momento mi sentivo attanagliato dall’angoscia di non rivederti più e mi sono reso conto, un’altra volta, di quanto contavi per me e di quanto mi avevi dato nella vita.

Una donna dalle mille vite ed un unico obiettivo: guardare avanti ed aiutare le persone lì dove sapevi che ne avrebbero avuto bisogno.

Questo è valso per me ma per tutte le persone che hai incrociato nella vita, come ad esempio le centinaia di bambini che hai aiutato in orfanotrofio, da giovane.

Hai infatti rinunciato alla tua giovinezza e ad avere una famiglia, per aiutare chi una famiglia non la aveva. Quella parentesi di vita finì tuo malgrado, lasciandoti con una giovinezza sfiorita ed un cammino di vita interrotto.

Quando poi hai pensato di ricostruire altrove la tua vita, mio padre decise di tornare giovanissimo in cielo – lasciando me, mia madre ed i miei fratelli nello sconforto morale ed economico.

Ti sei rimboccate le maniche, facendo anche un doppio lavoro (insegnante di giorno e capo redattore la sera); ci hai assistito cercando di fare del tuo meglio per rimpiazzare la figura paterna, grazie anche a quel tuo piglio deciso e quel profondo senso di giustizia che ti hanno sempre contraddistinto.

Eri molto diretta nel dire le cose, ma non con lo scopo di ferire l’altra persona e senza mai ricercare lo scontro fine a se stesso (anzi fuggivi dagli scontri diretti).

Gli ultimi anni ti hanno visto in cammino verso il Padre con l’Ordo Virginum – questa frase ti avrebbe fatto arrabbiare perchè “gli anni non vedono nulla”…

Incantavi quando raccontavi le storie, riuscendo a coinvolgere totalmente le persone e comunicando in modo interessate anche i concetti più noiosi o complicati.

Sono sicuro che da dove sei adesso continui a vegliare sulla mia vita e su quella delle persone alle quali hai volute bene. 

Vai e insegna agli angeli la divina commedia!”  Paolo Ruscitti

 

     Quando arrivai in parrocchia, a febbraio del 2008, Gabriella è stata una delle prime persone ad accogliermi a braccia aperte, nel momento delicato del cambio del parroco e, poco dopo, del viceparroco, così amati, da apparire, davanti agli occhi dei parrocchiani, una sorta di intruso. Lei mi ha dato fiducia.

     Qui sta una delle qualità di Gabriella d’Anna, da pochissimo salita alla casa del Padre, ennesima vittima del covid, della nostra comunità parrocchiale e del quartiere. E mi riferisco alla sua capacità di guardare avanti, al futuro, senza rimanere intrappolata, lei che era credentissima e consacrata a Dio, nelle maglie della mentalità clericale, nelle logiche delle aspettative troppo umane, nel chiuso di un pensiero reso asfittico dal “si è fatto sempre così, che necessità c’è di cambiare”.

     Negli eventi, mentre l’uomo comune legge i pro e i contro riferiti a se stesso, Gabriella vi leggeva la volontà di Dio, perché era animata da un buon senso del divino, cosa che ho poi potuto riscontrare nelle nostre conversazioni e riservate confidenze sulla vita della comunità parrocchiale.

     Questa sua indole, Gabriella l’ha poi rivelata anche nel rapporto con i sacerdoti, che si sono succeduti negli anni in parrocchia. Con un cuore materno, per nulla sminuito o assorbito dalla sua consacrazione verginale, li ha esortati a guardare avanti, li ha incoraggiati, istruiti in materie di lingua latina e italiana (spesso correggendo i loro scritti e le prediche), ospitati, invitati a pranzo e, alla bisogna, anche a dormire, accompagnati di qua e di là con la sua macchina.

     Gabriella è stata una parrocchiana di prim’ordine, umile, servizievole, mai oppressa dal confronto con altri, perchè quello che faceva, lo faceva per il Signore e questo la rendeva libera.

     Al mio arrivo in parrocchia, dovetti confrontarmi con una delle Pasque più anticipate degli ultimi decenni, 24 marzo, ed era solo un mese appunto, dal mio arrivo. Le dissi che avrei voluto fare le benedizioni delle case a tappeto appena dopo Pasqua, nei mesi di aprile e maggio, dato che c’era tempo, per conoscere le famiglie. Lei ne fu entusiasta, perché erano anni che venivano svolte solo su richiesta, quindi a circuito chiuso. Ma non c’era, proprio per questo, un piano delle famiglie del quartiere. Così, in quattro giorni, insieme ad altri ministri straordinari dell’eucaristia, di cui era coordinatrice, oltre che ministro lei stessa, mi porto il quadro completo del quartiere, diviso per vie, numeri civici, interni. Avevano contato, uno per uno, i campanelli dei palazzi: 5.800 famiglie. Un bel lavoro messo a disposizione di un prete, conosciuto da poco più di un mese, dunque non un suo amico e che mi ha consentito, non solo di organizzare al meglio le visite alle famiglie, ma anche di correggere i dati in possesso del Cardinale Vicario, nei quali figurava un numero di abitanti del quartiere molto al di sotto della realtà.

     Anche nel servizio ai malati Gabriella è stata di grande testimonianza e aiuto. Sempre appena arrivato, le dissi che nel mese di giugno, avrei voluto visitare, almeno una volta, tutti i malati, per conoscerli, assicurare loro la vicinanza mia e della parrocchia, le preghiere, il servizio di cura da parte dei ministri e dei sacerdoti, settimanalmente e nei momenti forti dell’anno. Tutto questo per fare, del servizio ai sofferenti, una realtà strutturata, non affidata alla libera, se pur generosa, iniziativa di qualche sacerdote e soprattutto, una componente prioritaria della carità della comunità parrocchiale, organizzata in maniera capillare e resa visibile agli occhi di tutti come testimonianza di fede. Il Cardinal Vicario direbbe: tante storie di vita raccontate e condivise nella comunità cristiana per crescere nella fede, come forma di ascolto del grido della città. Così Gabriella, non solo mise a mia disposizione tutto l’elenco dei malati a cui portavamo la comunione (da lei curato), ma da molti di loro venne lei stessa con me, perchè tanti li conosceva di persona. Questo servizio lunghissimo negli anni, l’ha portata a seguire centinaia di malati a casa, sovente a portarli a messa con la sua macchina, ad accompagnare alla morte tantissime persone, infondendo speranza e forza nei momenti di sconforto e amministrando il pane di vita, in un bellissimo servizio di apostolato.

      Da ultimo, a testimonianza della sua fede e disponibilità semplice e concreta, vorrei anche ricordare l’umile servizio di “postina” e “fattorina”, perché per anni e anni è stata lei a portare la corrispondenza dalla parrocchia al vicariato e viceversa e rifornire la parrocchia di ostie, vino, incenso, etc., con la sua panda verde chiaro. Sembrerebbe cosa da poco, ma credetemi, specie per questo, provo un senso grandissimo di gratitudine e affetto per lei, per tutto il tempo che mi ha fatto risparmiare e che ho potuto dedicare al servizio pastorale. 

     Cara Amica, arguta e silenziosa a tempo debito, quante volte abbiamo mangiato insieme in canonica, per Natale e nei pranzi di amicizia parrocchiali. Quante volte abbiamo riso prendendoci un momento di svago e di leggerezza, nelle solite beghe parrocchiali, quelle situazioni buffe, che si vengono a creare negli ambienti di lavoro, rese ancor più particolari dai circuiti della vita comunitaria: i fiori dell’altare, le tovaglie, le presunte esperienze soprannaturali dei fedeli, le fuoriuscite di quel tale e tal altro prete o monsignore.

     Per tutto questo ti dico grazie e per le preghiere che hai offerto anche per me, condividendo insieme a me un pezzo di strada da amici, prima di tutto, e poi da credenti. Si perché la fede, in Gabriella, non ha assorbito quella sua umanità, così preziosa e bella, e tanto necessaria per non fare di un credente, un bigotto schiacciasassi, che non serve a nulla, neanche a Dio.

     A rivederci in cielo. Don Gianfranco

 

Ricordando Gabriella…

«Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (Eb 12,1-2).

Parlare di Gabriella è per me una gioia. Ricordare, infatti, una persona bella che non vediamo più ma che continuiamo a sentire vicina grazie al mistero della comunione dei santi, che unisce il Cielo alla terra, dilata il cuore e illumina il presente della luce che la sua esistenza irradiava. Gabriella per me non è stata solo una sorella nella fede e nella consacrazione al Signore ma un’amica e una persona di famiglia. La sua partenza non mi fa interrogare sul perché non ci sia più ma mi spinge a rendere grazie al Signore per il dono immeritato e del tutto gratuito di averla incontrata e di aver goduto del suo affetto e del suo sguardo benedicente.

Tre sono le istantanee che affiorano maggiormente alla mia mente:

  • Gabriella seduta sul divano del salotto di casa sua durante le nostre conversazioni che partivano dalla lettura dell’attualità e sfociavano nella contemplazione dei misteri del Regno e nell’anelito all’incontro definitivo con lo Sposo;
  • Gabriella che dialoga con altre nostre sorelle consacrate, specie le più giovani, o con donne in discernimento, durante i nostri incontri nazionali dell’Ordo virginum;
  • Gabriella che sosta davanti al Santissimo in parrocchia, dopo la celebrazione dell’eucaristia per la recita della Liturgia delle Ore e il dialogo con lo Sposo.

Queste tre istantanee descrivono Gabriella tratteggiando alcune sue caratteristiche: l’acume e la sapienza nell’affrontare qualsiasi argomento, l’attenzione al cammino di crescita degli altri e la sua fede solida. Donna in ascolto del Signore e degli altri, Gabriella ha promosso la bellezza interiore delle persone con cui è venuta in contatto. Lo ha fatto con tanti sacerdoti, verso i quali ha vissuto una speciale maternità spirituale, e con tante sorelle dell’Ordo per le quali è stata un punto di riferimento e una sorella maggiore. Pur se “giovane” nell’Ordo virginum, essendosi consacrata in tarda età, la sua maturità ha manifestato una vita donata da tempi remoti, direi da sempre, e l’ha spinta con audacia, tenacia e notevole dispendio di energie a radunare le diverse donne consacrate con il rito Ordo virginum presenti nella diocesi di Roma per farne una comunione di sorelle che potessero incontrarsi, pregare, formarsi e crescere insieme.

Per questo Gabriella, che ora vive in pienezza le nozze con lo Sposo, fa parte di quella innumerevole schiera di testimoni che, come ricorda l’autore della Lettera agli Ebrei, ci invita ad avanzare nel cammino tenendo fisso lo sguardo su Gesù che dà origine alla nostra fede e vuole farla sbocciare pienamente. Interceda per noi Gabriella ora che il suo canto risuona nel santuario celeste.

Rosalba Manes,

consacrata dell’Ordo virginum e biblista

 

15 aprile: Distribuzione straordinaria pacchi alimentari....

Ma vi è mai capitato di far parte di un drappello di qualsiasi genere, più o meno armato, capitanato da Don Gianfranco? A me parecchie volte, ma devo dire che non ci si fa mai l’abitudine!

Allora, 15 aprile, messaggio su vari telefonini: “E’ arrivato il carico! 4.100 euro di alimenti e detersivi, appuntamento ore 8,45!” Beh, detto così ai più un messaggio simile non direbbe quasi niente, ma chi è stato coinvolto in iniziative del genere, sa bene cosa vuol dire! Siamo volontari, è vero, ma accettiamo di essere trattati come scaricatori dei mercati generali, anche se il GRAZIE finale ci sta sempre.

Arriviamo alla spicciolata. Il drappello si dilata e si restringe a seconda delle esigenze di ciascuno… non si sa mai su quanti contare. Le signore del Centro di Ascolto, in prima linea, ma poi altra gente di buona volontà e se uno ha detto sì una volta, l’ingaggio è assicurato a vita: il suo nome viene istantaneamente inserito nel telefonino del don tra quelli di un Gruppo aspiranti volontari e così per un automatismo telematico riceverà per sempre messaggini tipo “E’ arrivato il carico!!”. Età media più di 70 anni. Acciacchi tanti. Sorrisi e allegria.

Arriviamo e fuori della porta gli utenti sono già tanti: carrelli della spesa in fila fungono da dispositivo elimina code. Man mano che si moltiplicano le iniziative di aiuto ci si organizza!

Dentro un Don Gianfranco gasatissimo: nottetempo, tra una benedizione, una telefonata e una preghiera ha preparato 70 tavolinetti con numero incollato sul muro attiguo, destinati ad essere ricoperti di ogni genere di vettovaglie. La numerazione inizia dalla sala San Paolo, per continuare nel corridoio, nel salone, nell’atrio delle scale: 1,2,3  …. Poi boh! Appare un 47, 48, 49 e poi 4,5,6…. Ma è vietato obiettare! Vabbè!

Nella sala detta San Giuseppe pile di scatoloni, pelati, fagioli, zucchero, farina, biscotti, pasta, riso, olio, latte e poi detersivi e carta igienica, ma anche colombe pasquali, maionese, condiriso, wurstel e altre amenità…

Le regole di ingaggio sono ferree: chi vuole partecipare deve obbedire! Squadre di due, un solo prodotto a coppia da distribuire sui tavoli iniziando dal tavolo n. 1 senza saltare, i coltelli per aprire i pacchi debbono essere custoditi gelosamente, i cartoni vuoti fatti roteare da una parte, la plastica da un’altra. Vietato marciare senza il compagno di coppia, vietato portare due prodotti diversi insieme, vietato saltare da un numero all’altro, vietato distrarsi.

Quante coppie siamo? Tante! Certo è più richiesto essere in coppia con un bel ragazzone robusto che allevia la fatica del sollevamento pesi, ma di ragazzone ce ne è uno solo e manco tanto robusto, e Don Francesco che robusto è, ogni tanto scompare dietro ai suoi impegni e non ci dà garanzia di presenza costante! Stabili ma rallentate le coppie delle settantenni… ma sono le più precise!

E Don Gianfranco? Convinto di compattare il drappello e assicurare un servizio efficiente, fa una confusione incredibile andando su e giù per il corridoio con la macchina fotografica in mano: Voce a megafono: “INIZIATE DAL NUMERO 1! QUI NON AVETE MESSO LA CARTA IGIENICA! NON SALTATE NESSUNA POSTAZIONE! PORTATE UN PRODOTTO PER VOLTA! MANCA LA CARTA IGIENICA! NON ROMPETE LE UOVA! DOV’E’ IL TUO COMPAGNO DI COPPIA? MANCA LA CARTA IGIENICA!” così per un paio d’ore.

Poi si apre la fatidica porta e si dà luogo alla distribuzione. Il contenuto dei tavolini a mano a mano trova posto in un carrello da supermercato che viene portato fino all’ingresso e assicurato nelle mani, anzi travasato nel carrello della spesa e nelle borse delle persone che accolgono sorridendo e ringraziano. Certo nella fila c’è chi vuole passare avanti. Per i primi settanta non c’è problema, ma quanti altri si sono messi in fila?…. Vengono organizzati altri pacchi… quanti? Tanti!

Ogni volta se ne preparano di più, ogni volta qualcuno resta senza… “Torna domani, il Centro di Ascolto riapre, qualcosa ti daremo!”

Quante necessità, quante famiglie in difficoltà, chi sa valutare di quanto ci sarebbe bisogno!

Facciamo quello che possiamo!

 

 

Ciao Bruno, marito, padre, nonno e amico di tutti noi..

“Domenica 28 marzo, durante la S. Messa delle Palme delle ore 11.00 (celebrata all’aperto, nel campo di calcetto, per rispettare ancor più le norme anti-COVID), abbiamo ricevuto una notizia tristissima: è salito al Signore il nostro Amico Bruno Frasca.
E’ stato un dolore per tante persone della comunità di Gesù Bambino a Sacco Pastore. Abbiamo pianto in tanti, a cominciare da Don Gianfranco, perché chi ha conosciuto Bruno non poteva non commuoversi. Sempre sorridente, gentile e cortese con tutti, generoso e altruista, sempre pronto ad aiutare gli altri o a dare una parola di conforto, Bruno è stato “la bontà fatta persona”! E non è una frase fatta, di quelle che si dicono spesso quando muore una persona. Bruno lo era veramente: era “dolce” come il cioccolato della sua Modica! 
E da tanti anni il suo contributo alla Parrocchia era davvero immenso. Era impegnato nel Servizio di Accoglienza in Sagrestia, era membro del Consiglio Economico, faceva parte, con la moglie Titti, del Gruppo Famiglie, curava, sempre con la moglie, la preparazione dei battesimi e i corsi per i fidanzati. Pur essendo tanto legato e sempre vicino ai suoi tre figli e ai nipoti, non mancava mai alle funzioni liturgiche più importanti, ai pellegrinaggi in Italia e all’estero. Era spesso in giro, per Roma e provincia, per aiutare e consigliare Don Gianfranco negli acquisti di arredi e materiali per la Parrocchia.
E’ difficile dimenticare le sue accorate testimonianze di fede, di amore coniugale e filiale, di affetto per i nipoti, così come il suo esempio di carità, di come ci si possa donare al prossimo, anche a costo del proprio dolore fisico.
Ma soprattutto è stato per tanti anni la guida artistica della Parrocchia. Sue le tante icone bizantine che manifestano la fede e l’arte anche nelle case di alcuni parrocchiani. Sua l’idea di allestire, insieme ai compianti  Gregorio e Bruno Fondacci, oltre che al buon Fernando, il presepe posto sul terrazzo della chiesa,  con i grandi personaggi in legno (che rabbia e che delusione ebbe quando gli rubarono, più di una volta, il suo Gesù Bambino!). E ancora sua è stata l’idea di realizzare, con il contributo anche di Ludovico (pure lui, da pochissimo, salito in Cielo), in un ex magazzino della chiesa, quel meraviglioso e artistico presepe permanente, sullo stile dei presepi delle chiese e dei musei napoletani, che è divenuto simbolo e orgoglio della nostra Parrocchia.
E’ bello ricordarlo quando, con incredibile creatività e con entusiasmo quasi fanciullesco, insieme agli altri Amici raccontava di come avevano risolto un problema dello sfondo, del cielo, di prospettiva, del legno, dei fori, del flusso d’acqua, dei fili, delle luci…
Mi piace, infine, ricordarlo per il suo caldo “cuore siciliano” che lo portava sempre a desiderare di abbracciare le persone e di ricevere abbracci (lui ne dava una delicata motivazione psicologica) e la sofferenza patita in questo ultimo anno pandemico per l’impossibilità di gettare le braccia al collo di parenti e amici.  
Abbiamo perso un caro Amico, un parrocchiano e un artista prezioso che non dimenticheremo mai, ma ringraziamo il Signore perché ha donato alla nostra comunità una persona come Bruno. Speriamo di saper fare tesoro delle sue testimonianze di fede e di amore ed esprimiamo a Titti e alla sua famiglia il nostro affetto e il nostro cordoglio.
Ciao Bruno.”
(Antonio)

“Non ci sono parole per descrivere chi era Bruno. Perché Bruno non aveva bisogno delle parole.

Una delle poche parole che amava dire è “le mani sanno”… già, a lui le parole non servivano, perché Bruno parlava con le mani, con i gesti, con gli sguardi, con gli atteggiamenti… con il sorriso.

Bruno era la tenerezza.

Ricordo che tanti anni fa don Tonino ci disse che una famiglia si era affacciata alla parrocchia e desiderava partecipare alla vita della comunità. Per un bel po’ non ne avemmo notizia perché, ci disse un giorno Titti, evidentemente i tempi non erano maturi. Si presentarono tempo dopo, e in breve sono diventati un punto di riferimento all’interno del gruppo famiglie e della comunità di Gesù bambino. Quando c’era da preparare un incontro, fare un intervento, stimolare una discussione, Titti era in prima linea… ma se c’era qualcosa da fare, una persona da accogliere, un sorriso da distribuire, un abbraccio da donare, lì c’era Bruno.

Perché la tenerezza di Bruno non aveva bisogno delle parole.

Quando si parlava dell’amore fra sposi, Titti raccontava il loro incontro, la tenacia di Bruno nel corteggiarla, la sua gentilezza, i suoi gesti di affetto… e Bruno la guardava con gli occhi di un ragazzo innamorato come i primi tempi… a volte aggiungeva qualche parola dolce, ma erano il suo sorriso ed il suo modo di guardarla che dicevano tutto il suo amore.

Perché l’amore di Bruno non aveva bisogno delle parole.

E quando si parlava dei figli, a Bruno venivano subito gli occhi lucidi… i suoi tre figli amati, tre figli diversi da lui e diversi fra di loro. Tre figli che hanno preso in mano la loro vita, come è giusto che sia, e che hanno fatto le loro scelte, ma che da Bruno e Titti hanno imparato e conservano l’amore per la famiglia. Bruno a volte si rammaricava di non essere stato comunicativo con loro come avrebbe desiderato… ma non si comunica solo con le parole, e il suo sguardo di tenerezza non ha mai smesso di accompagnare i suoi figli… e i suoi 5 nipoti, per i quali è stato un nonno amorevole e tenero.

Sì, Bruno era questo… la sua tenerezza non aveva bisogno delle parole.”

(Maurizio)

“Caro Bruno, carissimo amico, due parole per te da parte mia e di tutto il gruppo dell’Accoglienza.

Poche righe, in ogni caso insufficienti per te, per quello che sei e sei stato per il cuore di tutti noi. Perché dire in poche parole chi sei stato, chi sei, non è cosa facile. Sul piano umano, un uomo di altri tempi: corretto, gentile, sensibile e altruista, sempre disponibile, dai modi delicati, garbati, amabili. La tua scomparsa ci ha profondamente scosso e abbiamo la consapevolezza di aver perso una persona veramente speciale, un amico, un fratello che ha lasciato un bellissimo ed indelebile segno nella vita della comunità parrocchiale.

Io sono approdata in questa parrocchia alcuni anni fa in un momento particolarmente difficile della mia vita familiare e tu sei stato la prima persona che mi è venuta incontro, nel vero senso della parola, con il tuo sorriso immenso e lo sguardo attento. Quasi subito ho iniziato a svolgere il servizio dell’Accoglienza in Sacrestia e tu sei stato il mio tutor o professore come ridendo ti chiamavo. Pazientemente mi spiegavi di purifichini e manutergi, calici e pissidi, luci da accendere e da spegnere, candeline… ogni gesto era misurato, tutto doveva essere fatto con attenzione e rispetto. Questo è stato l’inizio della nostra amicizia che quasi subito è diventata Bruno e Titti, quasi una sola parola, sempre insieme.

Grazie Bruno per tutte le volte che mi hai ascoltata, per i tuoi consigli sempre preziosi e delicati, grazie per le lunghe telefonate in cui cercavamo di capire meglio una situazione, per tutte le volte che mi hai detto che mi volevi bene, per la gioia che provavo nel vedere in lontananza te e Titti che venivate a salutarmi mentre ero in Sacrestia, ogni volta ti assicuro, una festa per me. Grazie.”

(Annamaria)

Il triduo pasquale

Mamma mia, ma ve lo ricordate voi il triduo dell’anno scorso… ciascuno sul divano di casa sua  davanti a un computer o una televisione, a cercare di mettere in moto il nostro senso di appartenenza a una comunità che sembrava solo virtuale?

Poi è arrivato il fatidico 18 giugno e abbiamo ricominciato a vederci, tutti mascherati e un po’ impauriti in una chiesa blindata. Non è cambiato molto da allora, ma il nostro triduo 2021 l’abbiamo vissuto in presenza ed è stato bellissimo! Don Gianfranco e tutti i nostri preti continuano a parlarci di come il Signore ci ha fatto liberi e di come dobbiamo discernere tra le nostre scelte quelle che intraprendiamo per paura e quelle che ci portano alla vita. Così il triduo pasquale ci ha parlato di doni: il dono dell’Eucarestia, il dono della morte di Gesù, il dono della Sua Resurrezione. Alcune esperienze che ha fatto Gesù possiamo sperimentarle e condividerle, è stato uomo come noi. Ma fare esperienza di Resurrezione…. si può? Non è la guarigione da una malattia che ci dà il senso della Resurrezione, ma l’amore, i momenti bellissimi che proviamo, forse più forti in questo periodo di grande difficoltà, momenti di aiuto reciproco, quando qualcuno ci ama e ci aiuta senza un perchè, spinto dall’amore e non dalla paura. In questi casi troviamo la forza di dire grazie al Signore e sperimentiamo quella gioia vera, che ci viene dal di dentro, non da una allegria apparente legata a cose che passano, ma la gioia sorgiva che ci fa sperimentare una allegrezza vera! La gioia della Pasqua.

Giovedì santo

Venerdì santo

Sabato santo - La "Veglia"

La benedizione del fuoco

Il canto del preconio

Il Gloria

L'Alleluja

La benedizione del fonte battesimale

Il Battesimo di Cecilia Chiara

La Cresima

La benedizione con l'acqua

28 marzo: La domenica delle Palme

Una bella domenica di sole di marzo ha permesso una celebrazione della domenica delle palme, pur con restrizioni, molto suggestiva.
Lo spazio del campetto, con un nuovo tappeto verde e tante sedie ben distanziate, ha accolto degnamente un ampio numero di fedeli desiderosi di partecipare all’inizio della Settimana Santa. Pur non avendo potuto fare la processione con i rami d’ulivo, don Gianfranco ha benedetto il ramoscello che ogni fedele aveva ricevuto all’inizio della Messa, insieme al foglio delle preghiere ed all’acqua benedetta.
È stato un momento intenso e bello, vedere tanta gente alzare le palme in questo spazio esterno e seguire con fede la Santa Messa.
Per la distribuzione dell’Eucarestia lli sacerdoti sono anche usciti dal campetto per portare Gesù ai fedeli presenti all’esterno. Un bel segno per il quartiere.
L’acqua benedetta verrà anche utilizzata per benedire le nostre case durante un momento di preghiera.

Il kit è stato preparato dai nostri volontari, che ringraziamo, in una bella mattinata di lavoro, condivisione e allegria. 

Sabato 20 marzo: S. Messa dedicata alle famiglie e alle giovani coppie e alla promessa dei fidanzati

Una bellissima celebrazione quella alla quale abbiamo partecipato con gioia, trasporto, voglia di stare insieme. Tutti bardati nelle nostre mascherine, tutti distanziati, porte aperte, sanificazioni… tutto. Ma nell’aria ci sentivamo abbracciati come non mai. Gruppo delle famiglie, più giovani, più vecchi… abbiamo camminato tanto insieme, alcuni, per altri invece, giovani sposi, sono i primi incontri ai quali partecipano. Ma tutti sperimentiamo che questo gruppo è una marcia in più per la realizzazione della nostra famiglia e della nostra crescita spirituale. Il gruppo del Germoglio ci ha aiutato con i canti, per Cecilia è stata un’altra tappa del cammino verso la notte di Pasqua quando sarà battezzata, per qualcuno è stato sperimentare la forza della preghiera… per tutti un momento importante.

E poi i fidanzati. Hanno partecipato a un corso un po’ mascherato: dodici coppie, tutti bellissimi, giovani, innamorati che portano avanti un progetto di vera felicità, di piena felicità in un momento in cui si parla solo di negatività. E hanno pronunciato la loro promessa, un impegno serio  di “vera comunione di vita e di amore”. E noi sposi maturi, con dieci, venti o più anni di matrimonio, ripensiamo a cosa vuol dire la “comunione di vita e di amore”. Hanno un bel cammino davanti, questi giovani,  e noi li aiuteremo a credere che un progetto di felicità può essere realizzato, con il loro impegno e la grazia di Dio.

Infine un momento di adorazione: davanti al Santissimo ognuno prega come sa e può, ma lì ci sentiamo davvero quello che siamo… lì le maschere non hanno potere.

E due toccanti testimonianze di due componenti del nostro gruppo: dopo il cammino di quest’anno sulle tracce dell’Amoris laetitia, ci ritroviamo a ringraziare per i doni che abbiamo avuto!

Il nostro amore di sposi è chiamato a riflettere, nel mondo, l’amore di Cristo per la Chiesa; pazienza, benevolenza, rispetto, tenerezza… sono solo alcune delle caratteristiche di questo amore. E l’amore non è solo un sentimento, è una relazione che ci sostiene, ci fa crescere e che ci chiama a prenderci cura dell’altro in un modo tutto speciale. Alcune volte sono io quella che si prende cura, il più delle volte è Giovanni… una lavatrice stesa prima ancora che mi accorga che è finita, un caffè nella tazzina preferita, un silenzio là dove si potrebbe rimarcare un pasticcio, una spalla quando la giornata volge al termine e i ricordi si fanno più difficili da sostenere… insomma una presenza continua, forse silenziosa, che però “fa il bene” per l’altro. Nell’esortazione apostolica Amoris Laetitia papa Francesco cita s. Ignazio “l’amore si deve porre più nelle opere che nelle parole”. Ecco, in un mondo dove siamo sommersi da grandi parole, ci auguro di poter fare piccole cose con grande amore.

In un anno così particolare per tutti noi, che ha visto il proseguire della pandemia come tema centrale della nostra esistenza, abbiamo avuto il privilegio di condividere il percorso, veramente speciale, tracciato da Papa Francesco in Amoris Letitia sull’amore.

Siamo partiti con un bellissimo ritiro a settembre, abbiamo proseguito, a volte a distanza a volte in presenza, fino all’incontro di preghiera di Natale e poi ancora a gennaio e febbraio.

Questa continuità ci ha permesso di non sentirci abbandonati in questo momento difficile e di fare fronte unito sui temi della famiglia, dell’amore e della condivisione.

In particolare nel 2021 abbiamo trattato dell’amore che non è invidioso, rileggendo il passo: “Significa che nell’amore non c’è posto per il provare dispiacere a causa del bene dell’altro” (cfr At 7,9; 17,5). L’invidia è una tristezza per il bene altrui che dimostra come non ci interessi la felicità degli altri… e io ho pensato a quanto importante all’interno della coppia sia saper godere reciprocamente dei successi e dei momenti positivi.

Ricordo sempre con piacere che all’inizio del nostro matrimonio Maurizio portava ai fidanzati una testimonianza sulla cordata. Col passare del tempo ne apprezzo sempre di più il significato: dopo il matrimonio siamo chiamati a salire in cima a una vetta, che può sembrare lontana, alta, irraggiungibile, ma che se scalata in due si può affrontare con più forza; durante la scalata può succedere che uno dei due abbia un momento di difficoltà e allora il maggior peso della salita se lo carica l’altro, e viceversa… e la corda che ci unisce nel salire è il Signore, il terzo in mezzo a noi.

Questo cammino a due è la nostra ricchezza e va preservato. È la nostra forza.

Il Papa poi aggiunge qualche parola sull’amabilità: ogni giorno “entrare nella vita dell’altro, anche quando fa parte della nostra vita, chiede la delicatezza di un atteggiamento non invasivo, che rinnova la fiducia e il rispetto. […] E l’amore, quanto più è intimo e profondo, tanto più esige il rispetto della libertà e la capacità di attendere che l’altro apra la porta del suo cuore”.

Che bella questa immagine di un amore delicato e cortese. A volte io per prima mi rendo conto che la vita ti trascina e spesso sfugge la parola scortese, affrettata, non attenta. Mi sto impegnando ad essere più gentile con la persona più importante della mia vita. Ora che siamo nuovamente noi due è ancora più importante perdere un po’ di tempo per una gentilezza e una coccola.

Grazie dunque al Signore e a don Gianfranco per aver scelto questo tema ricco di spunti e di suggerimenti pratici per la nostra vita quotidiana. E grazie a Papa Francesco che trova sempre le parole giuste per invitarci a vivere al meglio la nostra vita.

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